Un’inconfondibile livrea, dimensioni impressionanti, intelligenza fuori dal comune e straordinarie abilità di caccia. Il ritratto dell’orca, il più maestoso degli odontoceti viventi, può essere riassunto così. Un animale dalle caratteristiche uniche che, con i suoi 8 metri di lunghezza e 6 tonnellate di peso massimo, è in grado di incutere timore e suscitare ammirazione allo stesso tempo e che risiede, meritatamente, al vertice della catena alimentare, occupando il posto di “top predator” che gli ha valso la fama della “balena assassina”.
In lingua anglosassone l’orca è detta “killer whale”, ossia balena assassina, e da qui in italiano è stato riportato il nome di “orca assassina”. L’appellativo inglese contiene, a nostro avviso, due errori su altrettante parole:
Ciononostante, come per tutti gli animali selvatici e specialmente per quelli così grandi, vale la regola di evitare se possibile di incorrere in incontri… troppo ravvicinati!
I delfini, si sa, sono animali intelligenti. E le orche sono forse i più intelligenti tra tutti i delfini. La struttura e le relazioni sociali che questi animali sono in grado di sviluppare in natura sono decisamente al di sopra di quanto si è soliti ammirare nel regno animale. Concetti come consapevolezza e cultura, ritenuti un tempo assoluto appannaggio della specie umana, sono oggi riconosciuti come patrimonio comune a una piccola cerchia di animali dalle capacità straordinarie e tra essi l’orca occupa certamente un posto di rilievo.
Le orche vivono in gruppi familiari che possono arrivare a contare fino a 40 individui, in cui le relazioni sociali sono molto intense e la comunicazione assolutamente raffinata. Grazie alla ecolocalizzazione le orche riescono a percepire l’ambiente che li circonda a chilometri di distanza ed utilizzano questo raffinatissimo sistema di produzione e ascolto di onde sonore ad altissima intensità per comunicare tra loro e coordinarsi nella caccia.
Le tecniche di caccia sono tramandate da madre in figlio e sono parte della cultura di ogni singolo gruppo, cosicché ogni famiglia adotta strategie e modalità d’azione differenti, con la riproduzione di comportamenti che talvolta sono davvero sorprendenti. Alcuni gruppi, ad esempio, si coordinano per cacciare le foche adagiate su lastre di ghiaccio, organizzandosi in due squadre d’azione:
È possibile dividere le popolazioni di orche in due categorie principali: le orche residenti, che occupano in maniera stanziale una determinata zona di mare e le orche migranti, che si spostano seguendo le proprie fonti di cibo principale durante le stagioni.
La prima grande differenza riscontrabile tra i due gruppi è rilevabile nell’alimentazione. Le orche residenti, infatti, sono in genere cacciatrici di pesce, mentre le migranti si nutrono prevalentemente di altri mammiferi marini come pinnipedi e altri cetacei.
Le differenze si fanno via via più raffinate man mano che si selezionano gruppi più affini: anche tra clan della medesima categoria, che quindi cacciano le stesse prede, le tecniche di caccia possono variare; ogni gruppo emette dei suoni, nella comunicazione intraspecifica, che identificano il clan di appartenenza come se fossero il “cognome” che contraddistingue la famiglia e pare che all’interno di ognuna di esse ciascun individuo si identifichi con uno specifico “fischio firma”, ossia un suono che chiude ogni vocalizzo e ne identifica l’autore. Il linguaggio adottato per comunicare, inoltre, pare essere differente tra membri di clan diverso.
Insomma una serie di elementi appresi e non innati che rappresentano quello che comunemente definiremmo, parlando di noi stessi, come “cultura”.
Le orche non sono animali molto prolifici: le femmine danno alla luce un solo cucciolo per volta e tra un parto ed il successivo trascorrono in genere dai 3 ai 10 anni, al termine di una gestazione che dura 17 mesi. L’allevamento della prole dura non meno di due anni ed è compito della madre che è aiutata talvolta da altre giovani femmine del clan. In alcune popolazioni i nuovi nati, una volta indipendenti, lasciano la famiglia per unirsi ad un nuovo clan, in altre invece possono rimanere per sempre nella famiglia dove sono nati.
La comunità scientifica, ad oggi, riconosce tutte le popolazioni di orche come rappresentanti di un’unica specie, Orcinus orca, al cui genere non è ascritta nessuna altra specie. Ciononostante è aperto un dibattito in merito, all’interno del quale alcuni autori ritengono che vada presa in considerazione l’ipotesi di suddividere alcune popolazioni in specie distinte.
Sebbene possa apparire strano che la comunità scientifica non sia d’accordo sulla identificazione o meno di una specie come distinta da un’altra, vale la pena ricordare come il concetto di specie sia, oggi più che mai, una concetto molto sfumato, all’interno del quale esistono casi limite che possono dar luogo a interpretazioni contrastanti.
Ad ogni modo, il posizionamento delle orche all’interno della famiglia dei delfinidi non è in nessun modo messo in discussione e analisi filogenetiche suggeriscono che i membri della famiglia maggiormente affini alle orche sarebbero i delfini del genere Orcaella, da cui si sarebbero distaccati circa 5 milioni di anni fa.
L’imponenza, il fascino e la grande intelligenza delle orche hanno spinto, da quando le tecnologie hanno consentito il mantenimento in cattività di diverse specie di mammiferi marini, ad allevare numerosi esemplari di questi meravigliosi giganti dell’oceano. Se da un lato la sorprendente intelligenza di cui sono dotate ha permesso di lavorare con loro raggiungendo elevatissimi gradi di comunicazione interspecifica, proprio la loro indole di animali intellettivamente e emotivamente dotati rappresenta, insieme alla stazza che li contraddistingue, un grosso limite al loro benessere in cattività. Ad oggi una pratica diffusa per ammirare le orche da vicino e in ambiente naturale, è il whale watching.
Il più grande detentore di orche in cattività, la catena statunitense di delfinari Sea World, ha annunciato che non permetterà agli animali in suo possesso di riprodursi ancora e non intende approvvigionarsi di ulteriori esemplari, decretando di fatto la fine della propria esperienza con questi maestosi delfinidi.
La IUCN non si è espressa in merito alla classificazione dello stato di conservazione dell’orca marina in natura. Non essendo chiaro se tutte le popolazioni debbano essere considerate come una unica specie o come specie separate, infatti, non è stato possibile effettuare una valutazione complessiva dello stock esistente.
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