Carcharodon carcharias Linnaeus, 1758 Da 11 milioni di anni
il predatore per eccellenza.
L’uomo è sempre stato affascinato dagli squali, soggetti fantastici di leggende e miti, oggetto di culto, simboli ed emblemi delle civiltà più antiche, protagonisti a volte anche di eventi drammatici e sanguinosi.
Il grande squalo bianco, uno dei supremi predatori del mare, è una creatura profondamente affascinante per molte persone, una combinazione intensamente seducente di grandi dimensioni, carisma, minaccia e mistero.
Chi ha la fortuna di poterlo ammirare percepisce immediatamente la sensazione di trovarsi di fronte ad un animale straordinario, caratterizzato da una colorazione dorsale e ventrale contrastante, grandi occhi scuri, un sorriso enigmatico: una miscela di curiosità e ignoto che si somma alla sua fama di terrificante mostro marino.
È un animale cauto ed estremamente intelligente, che studia con attenzione le sue possibili prede e valuta attentamente i rischi che corre nello sferrare un attacco. Non è il serial killer crudele e catastrofico che si avventa con ferocia su tutto quello che incontra come è stato raffigurato dalla cinematografia hollywoodiana, e quindi così trasferito nell’immaginario collettivo.
Più aumenteranno le persone capaci di apprezzare questa bellezza, unita alla consapevolezza del suo immenso valore nell’ecosistema marino, più cresceranno le probabilità di sopravvivenza di questo splendido selvaggio del mare.
Qual è il nome giusto di Carcharodon carcharias?
In italiano, il nome corretto è certamente squalo bianco, anche se non è raro che venga chiamato grande squalo bianco traducendolo letteralmente dall’inglese Great White Shark con l’aggettivo “grande” che diventa parte integrante del suo nome a testimonianza della sua possenza.
L’aggettivo bianco non fa propriamente riferimento al suo colore principale, che è scuro, ma solo alla sua parte inferiore bianca, anche se ad onor del vero, questa caratteristica è comune alla maggioranza degli squali e a moltissimi pesci ossei.
La caratteristica di mordere e trattenere saldamente la presa sulla preda dibattendo selvaggiamente il capo come un cane, ha fatto valere allo squalo bianco il nome popolare di pescecane.
La bocca dello squalo bianco è situata sulla superficie ventrale della testa, è grande e ha forma parabolica in veduta ventrale. L’intera durata del morso è di circa 0,9 secondi, allorquando lo squalo bianco dà una serie di morsi multipli, il muso resta parzialmente alzato nell’intervallo tra un morso e il successivo.
Da ogni morso, l’azione di taglio viene agevolata con potenti movimenti di scuotimento della testa da sinistra a destra conferendo così ai denti anche le proprietà di una micidiale sega. Lo squalo rimuove grossi bocconi dalla preda; grandi individui possono facilmente asportare alcune decine di chilogrammi di carne con un singolo morso.
I denti degli adulti sono molto grandi, possono infatti superare i 5 cm, appiattiti, triangolari, con i margini fortemente seghettati. Quelli superiori sono mediamente 26, con una variabilità da 24 a 28, quelli inferiori 22, con una variabilità da 20 a 26.
I pesci cartilaginei, cioè gli squali, sono apparsi sulla terra oltre 425 milioni di anni fa, sono perfettamente adattati all’ambiente acquatico ed estremamente evoluti.
Sin dai primordi i raffinati organi di senso dello squalo bianco sono stati così ampiamente sviluppati che gli hanno permesso di poter sopravvivere e guadagnarsi la nomea di macchina perfetta per uccidere.
Vediamo più da vicino i loro organi di senso:
In ultimo possiede la linea laterale , un organo composto da una serie di organi ricettori disposti lungo i fianchi, sensibili alle vibrazioni a bassa frequenza e alle onde di pressione generate dal moto di corpi solidi nell’acqua riconoscibili sino ad una distanza di oltre 250 metri.
Le ampolle di Lorenzini e la linea laterale permettono allo squalo bianco di percepire la posizione, la grandezza e i movimenti di una preda, anche senza l’ausilio della vista, cosa utilissima in acque torbide, poco illuminate.
La pelle accarezzata dal muso in direzione della coda si rivela sorprendentemente liscia al tatto, ciò in virtù del rivestimento pressoché continuo di scaglie placoidi, dette anche denticoli dermici, che hanno la funzione di ampliare eccezionalmente l’efficacia idrodinamica dell’animale.
Le scaglie placoidi assumono anche una rilevante funzione di protezione di altri organi esercitando un ruolo importante nel convogliamento o meno dell’acqua in determinate zone del corpo. Ad esempio esistono scaglie placoidi che orientano il flusso dell’acqua verso i recettori delle ampolle di Lorenzini, verso la linea laterale, verso le narici. Al contrario, le scaglie placoidi poste attorno agli occhi hanno la funzione di deviare e quindi ridurre la pressione dell’acqua verso questi organi delicati.
In base alle prede cacciate, gli squali bianchi hanno evoluto diverse tattiche predatorie, sia diurne che notturne, impiegate in base ai fattori ambientali e alle condizioni naturali o meteo marine del luogo o del momento.
È ormai inoltre consolidato che questi squali apprendano dalle esperienze passate e adeguino le loro strategie al mutare delle tattiche difensive delle prede. Il comportamento predatorio degli squali è solitamente suddiviso in cinque fasi:
I modelli di rilevazione e di identificazione della preda, sono stati studiati attraverso l’utilizzo di prede sperimentali.
Potendo scegliere tra un obiettivo di forma insolita per il loro ambiente e uno riproducente la sagoma fusiforme di un mammifero marino, lo squalo preferisce la forma che riconosce.
Alcuni studiosi ritengono che la silhouette dei nuotatori e dei surfisti, osservata dal basso verso l’alto assomigli a quella dei pinnipedi o delle tartarughe marine e che questa identificazione errata sia la causa della maggior parte degli attacchi di squalo nei confronti degli esseri umani.
Tuttavia gli squali bianchi attaccano anche oggetti inanimati e per nulla somiglianti alle loro prede usuali, per determinarne le potenzialità alimentari.
Se gli esemplari maggiori cacciano sempre individualmente prediligendo attacchi a sorpresa per limitare al massimo i rischi di ferite e il dispendio energetico, fra gli squali di taglia media emergere l’esistenza di un comportamento sociale. In presenza di possibili prede, nuotano tutti nella stessa area, mostrandosi a turno, con lo scopo di disorientare la vittima, per consentire ad un preciso esemplare preposto, di sferrare l’attacco finale.
Una volta uccisa la preda, gli esemplari si alimentavano individualmente secondo un ordine gerarchico ben stabilito.
Le prede vengono ferite gravemente, immobilizzate al primo assalto, per poi essere lasciate morire dissanguate.
Lo squalo quindi si allontana, ma senza lasciare la zona, in modo di minimizzare i rischi di possibili traumi causati dalla strenua difesa delle prede, per poi ritornare con calma a terminare il pasto.
Lo squalo bianco è un animale carnivoro, ha una dieta molto ampia e privilegia cibi ricchi di grasso altamente energetico, rispetto a prede energeticamente povere. Queste considerazioni sono sostenute dalle numerose osservazioni di aggregazioni di squali bianchi documentati alimentarsi selettivamente di grasso di carcasse di balena e non sugli strati di muscolo.
La dieta dello squalo bianco varia a seconda della zona dove si trovano, del periodo dell’anno e della loro età.
Gli squali bianchi adulti infatti hanno cuspidi più ampie e robuste rispetto ai giovani, di conseguenza possono cacciare prede di maggiori dimensioni e robustezza come ad esempio pesci spada, delfini, altre specie di squali, leoni marini.
A differenza della maggior parte dei pesci ossei, gli squali sono sprovvisti di vescica natatoria (una sacca piena di gas posta nella parte superiore della cavità corporea atta a bilanciare il peso dei tessuti più pesanti).
Gli squali a causa della leggerezza dello scheletro cartilagineo e dell’enorme fegato oleoso (raggiunge fino al 25-28% del peso corporeo dell’animale) di bassissima gravità specifica, sono solo leggermente più pesanti dell’acqua di mare.
Ciò fa in modo che essi possano muoversi su e giù nella colonna d’acqua con maggiore facilità dal momento che hanno una galleggiabilità quasi neutra, tuttavia, come tutti gli squali, anche lo squalo bianco deve nuotare costantemente per galleggiare, poiché se si ferma affonda.
Dormono ma non come siamo abituati a immaginare noi il sonno, infatti devono sempre avere l’acqua in movimento sopra le branchie.
Endotermia regionale: questa è l’ennesima caratteristica insolita e prodigiosa dello squalo bianco. Si tratta di un meccanismo di conservazione del calore che consente di avere più energia a disposizione e quindi maggior potenza. Gli squali bianchi riescono ad elevare temporaneamente la temperatura di alcune zone localizzate della muscolatura.
Tutti i pesci infatti sono animali a sangue freddo (eterotermi) eccezione fatta per alcuni tipi di squali, il tonno, il pescecane e il pesce re.
Lo squalo bianco ha una temperatura corporea mediamente di 4-5°C superiore a quella dell’acqua circostante e sino a 13-14°C a livello dello stomaco, condizione fondamentale per poter digerire e quindi assimilare rapidamente prede altamente energetiche. La grande energia degli squali bianchi consente un nuoto sostenuto più a lungo, e persino rapidissimi scatti ad alta velocità, tali anche da consentire di compiere prodigiosi salti fuori dall’acqua.
Animale cosmopolita il suo habitat spazia dai mari freddi, ai mari temperati, a quelli tropicali; si tratta di una specie soprattutto costiera e delle zone al largo delle piattaforme continentali ed insulari.
Preferisce mantenersi nelle acque superficiali, comprese tra i 13 e i 32 metri anche se può spingersi sino a profondità molto elevate, almeno 1.875 m. Si presenta principalmente nei mari temperati, ma gli individui più grandi penetrano nelle acque tropicali e, più sporadicamente, nelle acque fredde infatti predilige come zone di caccia le isole continentali popolate da colonie di pinnipedi, sue prede usuali.
La sua presenza è nota in tutto il Mar Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico orientale dalle coste atlantiche francesi, sino al largo del Sudafrica. Nell’Oceano Indiano è stato documentato al largo del Sudafrica, Madagascar, Zanzibar, Isole Seychelles, Isole Reunion, Isole Mauritius, in Mar Rosso e al largo delle coste australiane; nell’Oceano Pacifico occidentale e da nord a sud dalla Siberia alla Nuova Zelanda.
Gli squali hanno sviluppato una strategia riproduttiva diversa rispetto ai pesci ossei in quanto producono i loro piccoli in numero relativamente basso per figliata (da 2 a oltre 14), praticamente morfologicamente identici all’adulto e completamente indipendenti fin dalla nascita.
Negli squali sono state osservate tre diverse modalità riproduttive:
La durata della gestazione è ignota ma potrebbe essere di oltre un anno, il parto avviene in primavera ed estate nelle aree temperate di entrambi gli emisferi.
L’accoppiamento si verifica in primavera-estate dove il maschio inizia il corteggiamento avvicinandosi alla femmina e afferrandola con i denti, sono questi i cosiddetti “morsi d’amore” che danno luogo alle cicatrici d’accoppiamento, che sono spesso visibili sulla testa, i fianchi, il ventre le fessure branchiali, il dorso e le pinne. Gli squali stanno uno sotto l’altro, girandosi di tanto in tanto ventre contro ventre.
L’accoppiamento dura circa 40 minuti.
Molti attacchi all’uomo imputati in passato al grande squalo bianco sono in realtà attribuibili a diversi Carcarinidi, in particolar modo al Carcharhinus leucas e allo squalo tigre (Galeocerdo cuvier).
Numerosi subacquei che hanno incontrato lo squalo bianco in immersione, sono stati avvicinati ed osservati senza che questo mostrasse segni di aggressività. Nei casi in cui gli attacchi sono sicuramente imputabili al grande squalo bianco, una percentuale molto considerevole (intorno al 74%) si è rivelata non fatale.
Si è propensi a supporre pertanto che in realtà si tratti di un errore di identificazione da parte dello squalo che scambia l’uomo per una delle sue prede abituali rilasciandolo subito dopo il primo morso.
Un singolo morso di valutazione, compiuto senza serrare completamente le mascelle, purtroppo però può infliggere ferite dagli esiti mortali a causa delle gravissime lacerazioni e dallo shock conseguente.
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